A-MAZE – Dettaglio delle mostre.

1-7 Aprile 2012

Installazione ed esposizioni: ecco cosa vedrete.

INSTALLAZIONE LABIRINTO

A-MAZE  –  concept e realizzazione a cura di Trauma Studio.

“Chi ama e costruisce labirinti avrà sempre la nostalgia del piacere di essere liberato e quindi la nostalgia di un’esperienza, in fondo, ancora semplice: di una chiara e univoca liberazione dalla insensatezza degli ingannevoli rigiri.” (Gustav Renè Hocke)

Nel labirinto la cultura occidentale si aggira fin dalle origini: la sua identità, i segni molteplici del suo cercarsi trovarsi perdersi ritrovarsi, i miti che la raccontano sono conservati nel labirinto. “Essere” e “muoversi” in esso sono metafora di sopravvivenza e condizione dell’esistenza.  Ma l’archetipo del labirinto non è una prerogativa della cultura occidentale. Sono state ritrovate rappresentazioni labirintiche in ogni epoca e in ogni civiltà: la metafora assoluta del cammino tortuoso, inestricabile, ingarbugliato, complesso della vita, dell’esistenza, è un archetipo collettivo, trasversale a culture ed epoche.

Il traslato metaforico del labirinto è vastissimo, così come sono innumerevoli le sue rappresentazioni: dalla scrittura calligrafica alla musica, dall’araldica alla pittura, dall’alchimia all’architettura, dalla danza al gioco, in tutte si manifestano aspetti, percorsi, necessità labirintiche. Nello studio di questo archetipo intrigato, però, c’è sempre qualcosa che risulta difficile da spiegare, che non torna. Questo perché il problema del labirinto, è il labirinto stesso. Il labirinto è un mistero che vuole essere conservato senza essere rivelato, ma è anche il luogo “non luogo” dove conservare questo mistero. Mistero e intrigo sono indispensabili all’esistenza stessa del labirinto. Esso nasce dalla necessità di nascondere un segreto o proteggere un bene, che si vogliono rendere irraggiungibili ad altri. Difesa del bene e perdizione dell’intruso.

Non vi è un limite alle forme del labirinto e l’aspetto che esso acquisterà in una data epoca, in un determinato contesto sociale, sarà sempre la firma di uno stile, di una concezione di vita, di un modo di essere. È chiaro quindi come in questo simbolo si manifesti il modo con cui -nei vari periodi storici- l’uomo ha rappresentato a se stesso il proprio destino, sempre considerando , tuttavia, un concetto-guida essenziale: la consapevolezza che noi potremo sempre raggiungere la libertà del nostro pensiero. Uscire dal labirinto del pensiero generico e massificato è già una conquista per cui vale la pena di esistere e “resistere”. La vittoria sul labirinto può, in qualche modo, coincidere con la conquista del diritto all’essere diversi.

Oltrepassate lo specchio con noi… perdiamoci insieme… condividiamo e resistiamo.

 

PERSONALE FOTOGRAFICA

VUOTI URBANI” vi porterà all’interno dei non-luoghi presenti in città… non-luoghi su cui i nostri occhi si soffermano ogni giorno, ma mai fino in fondo.

Filippo Cantarella scopre il mondo della fotografia quasi per caso. Guardando in un bicchiere -dopo averlo svuotato- ne fotografa l’interno e da allora non ha più smesso. E’ stata una continua evoluzione. Dai dettagli passa agli spazi urbani, cercando di trasmettere, a chi osserva le sue foto, la voglia e il piacere di osservare fino in fondo quello che ci circonda.

 

COLLETTIVA FOTOGRAFICA

NARRATING CRISIS” – Raccontare la crisi comincia da uno sguardo.
(dedicata ad Antonio Salerno Piccinino) *

La crisi sta diventando la nuova narrazione del potere. Ma adesso, qui, come la raccontiamo noi? Quali immagini, quali sguardi di occhi visionari, quali interpretazioni possono riuscire a dipingere quello che sta accadendo? In questa fase di “recessione globale”, di crisi di un sistema arrivato al collasso, l’unica lente che ci viene fornita per leggere il mondo sta nelle parole usate dai media mainstream: crack, capitalismo selvaggio, globalizzazione, shock dei mercati finanziari, speculazioni, privatizzazioni e ancora: disoccupazione, licenziamenti, precarietà. Rimane il paradigma a cui tutti, ovunque, sembrano essere destinati: un tempo di vita che coincide con il lavoro e le speranze racchiuse nei giochi della lotteria.
Generazioni condannate a vivere al presente nella giungla della precarietà. Generazioni precarie incapaci di immaginare e progettare un futuro. Noi, invece, vorremmo poterci riappropriare della nostra storia, per creare cospirazioni tra
linguaggi diversi, per raccontare desideri, sogni e difficoltà tra fotografia e scrittura. Per questo motivo è stato creato un blog: http://narratingcrisis.org  Un luogo virtuale che sia punto di partenza per una riflessione indipendente e plurale. Uno
spazio che riesca a documentare la situazione economica e sociale che stiamo vivendo attraverso il contributo di tutti.

* (Antonio era un pony express, in nero. Percorreva sulle strade di Roma, 130Km al giorno. È indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga. È così che è morto Antonio. Andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci. Sempre.)

OcchiRossi è un progetto collettivo che promuove cultura fotografica indipendente. In una società incentrata sulla comunicazione visuale, dove il rapporto tra fotograf* e fruitore è incessantemente filtrato e manipolato, OcchiRossi prova a scardinare il meccanismo di ricodificazione delle immagini tentando di eliminare le intermediazioni economiche e culturali tra chi produce fotografia e chi la fruisce. OcchiRossi realizza una comunicazione libera e indipendente attraverso: azioni fotografiche, mostre ed eventi, produzioni editoriali, workshops, seminari. Il progetto, inoltre, nasce da una serie di riflessioni sul ruolo degli spazi espositivi e sul loro rapporto con il territorio e sulla necessità di facilitare l’accesso alla formazione fotografica e artistica in generale. OcchiRossi è  una rete di camere oscure autogestite, associazioni culturali, singoli fotografi e fotografe.